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ICI 2006

DOMANDA:

262. Chiedo una interpretazione dell'esenzione ICI ai sensi dell'art. 7 comma 1 lettera i alla luce di quanto detto dalla Legge Bersani e se tale norma ha natura interpretativa.

Nel caso di un ente non commerciale (requisito soggettivo soddisfatto) che gestisca una scuola paritaria (per attività didattica si intende anche un asilo nido o scuola materna?) il fatto che  una parte dei locali venga utilizzato, al pomeriggio,  per attività di catechesi o scoutistiche od oratoriali od estive (centri estivi a pagamento) fa sì che l'esenzione venga riconosciuta, anche se l'attività didattica è fornita a pagamento?

Nel nostro regolamento è stato previsto che l'utilizzatore sia anche possessore, per cui nel caso che l'eventuale attività didattica sia svolta da un soggetto terzo (società cooperativa) l'esenzione decade, ma qualora sia l'attività non a pagamento (ammesso e non concesso che si possa riconoscere l'esenzione) svolta da soggetti terzi come ci comportiamo?

Infine, è possibile un atto regolamentare o di indirizzo da parte della Giunta che definisca eventuali profili che non lascino adito ad interpretazione?

RISPOSTA:

: In via preliminare, si ritiene di evidenziare che  la disposizione da Lei citata non può che avere valore di interpretazione autentica, mirando il legislatore a   superare con la nuova formulazione i rilievi di illegittimità mossi allo allargamento della esenzione dall’articolo 7 comma 2 bis del DL 203/05 convertito dalla legge 248/05, giudicato illegittimo dalla CEE e proprio per questo la norma è stata  modificata.

Altresì, si fa rilevare che per il soddisfacimento della qualifica soggettiva non basta essere enti non commerciali come da voi rilevato, rendendosi, altresì, necessaria  la condizione che i medesimi non abbiano oggetto esclusivo o principale l’esercizio di una attività commerciale (condizione questa normalmente verificabile mediante esame del rendiconto). Tale condizione poi non è mai soddisfatta dalle società cooperative, come del resto risulta dal loro inquadramento fra gli enti commerciali di cui alla lettera a) dello articolo 73 del DPR 917/86, anziché nella lettera b) del predetto articolo ove invece sono collocati gli Enti sopra individuati.

Ne consegue, ad esempio, che un Ente non commerciale che svolge attività didattica a pagamento non può rientrare nella esenzione non avendo né il requisito soggettivo né quello oggettivo, posto che il pagamento di rette di frequenza, per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, è connesso allo esercizio di una attività commerciale (Cassazione n. 4645 del 2004). Mentre avrebbe nell’esempio citato la qualifica soggettiva, ma non quella oggettiva un Ente religioso. 

Resta ora da esaminare il caso in cui l’ente non commerciale che non abbia oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, quale ad esempio una Parrocchia,  utilizzi parzialmente per finalità commerciali l’immobile, riservandosi un uso residuale della struttura per finalità non commerciali, come nel caso della Parrocchia che dia in locazione i locali ad una scuola, riservandosi il diritto d’uso parziale per le proprie finalità di  catechesi e di educazione cristiana.

Ora, tale decreto così dispone:” l'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del   decreto  legislativo  30 dicembre  1992,  n.  504,  si  intende applicabile  alle  attivita'  indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale

Stando ad una interpretazione letterale della norma l’esenzione sembrerebbe competere, ma io personalmente contesto la legittimità di tale interpretazione, posto che la norma letteralmente interpretata manterrebbe i vizi di illegittimità costituzionale e quelli evidenziati dalla CEE, acconsentendo di riprodurre nella sostanza la precedente disposizione ora sostituita a torto collo dalla nuova. Ad esempio, basterebbe forse un uso di una sola ora della scuola locata per il catechismo per confermare l’esenzione? E’ per tale motivo che io ritengo che l’esenzione debba essere riconosciuta solo nei casi in cui l’utilizzo commerciale sia diretto, ossia effettuato dallo stesso Ente, per finalità quasi esclusivamente non commerciali, come nel caso in cui la sala di riunione utilizzata per la catechesi sia in via eccezionale locata ad un condominio per l’assemblea condominiale oppure nel caso del bar parrocchiale che tal volta somministra in via eccezionale a soggetti diversi, così come nel caso del cinema parrocchiale affittato in via eccezionale ad una compagnia teatrale.

In conclusione, la novella normativa, di dubbia legittimità costituzionale per i motivi sopra esposti, non può che essere interpretata che nel senso sopra indicato.

 

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