Juris data
Archivio selezionato : Sentenze Civili


Documento n. 1 di 1

TRIBUTI LOCALI Rifiuti solidi urbani

Cassazione civile , sez. I, 29 settembre 1997, n. 9524

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Michele CANTILLO Presidente
" Ugo VITRONE Consigliere
" Giuseppe MARZIALE "
" Francesco Maria FIORETTI Rel. "
" Giuseppe SALMÈ "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
COMUNE DI LEINÌ, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma Via della Mercede 52, presso
l'avvocato Mario Menghini, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato Marco Casavecchia, giusta delega a margine del ricorso;
Ricorrente
contro
S.E.I.C.I. SPA;
Intimata
e sul 2 ricorso n. 12783-95 proposto
da
S.E.I.C.I. - SOCIETÀ ESERCIZIO INDUSTRIE CHIMICHE SPA, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma Piazzale Clodio 12, presso l'avvocato Ludovico
Villani, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato
Federico Cipolla, giusta delega a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
COMUNE DI LEINÌ,
Intimato
avverso la sentenza n. 579-95 della Corte d'Appello di Torino,
depositata il 26-04-95;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30-05-97 dal Relatore Consigliere Dott. Francesco Maria Fioretti;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Menghini, che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso principale;
udito per il resistente, l'Avvocato Antonucci, con delega, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Antonio Martone che ha concluso per il rigetto sia del ricorso
principale che dell'incidentale.


Fatto

Con citazione del 2.2.1991 la s.p.a. SEICI Società Esercizio Industriale Chimiche), con sede in Leinì, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Torino il Comune di Leinì, chiedendo che fosse dichiarato illegittimo e disapplicato il provvedimento adottato dal Sindaco di detto Comune in data 6.10.1986, con il quale la società attrice era stata assoggettata alla tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Assumeva detta società che la tassa non era dovuta, in quanto provvedeva a suo esclusivo carico non solo allo smaltimento dei rifiuti speciali (derivanti, cioè, dall'attività industriale esercitata), ma anche di quelli normali equiparabili a quelli speciali.
Il Comune convenuto, costituitosi in giudizio, contestava la domanda attrice, rilevando che la tassa applicata alla società SEICI riguardava la sola parte del fabbricato industriale destinata ad uffici e mense, nonché ad aree destinate a cortili e piazzole di stoccaggio delle merci.
Con sentenza del 23.10.1992 il Tribunale di Torino respingeva la domanda attrice, in quanto sfornita di prova in ordine allo smaltimento dei rifiuti a suo esclusivo carico.
Tale sentenza veniva impugnata dalla società summenzionata davanti alla Corte d'appello di Torino.
Con sentenza, depositata in cancelleria il 26 aprile 1995, la Corte d'appello summenzionata dichiarava illegittimo il provvedimento adottato dal Comune di Leinì in data 6.10.1989 nei confronti della s.p.a. SEICI, con la quale veniva applicata la tassa comunale per la raccolta dei rifiuti solidi urbani in relazione ai rifiuti "assimilabili" a quelli speciali;
dichiarava conseguentemente detta società non tenuta al pagamento della suddetta tassa comunale;
condannava il Comune anzidetto alla restituzione di tutte le somme riscosse a titolo di tassa comunale per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Osservava la corte che i rifiuti possono essere distinti in tre principali categorie: rifiuti solidi urbani, rifiuti speciali e rifiuti tossici-nocivi; quelli speciali, poi, comprenderebbero la categoria dei rifiuti "assimilabili" agli speciali, costituiti dai rifiuti prodotti dagli esercenti attività agricole-artigianali-commerciali-industriali al di fuori dell'attività svolta (speciali, cioè, sul piano soggettivo, ma "assimilabili" agli urbani sul piano tecnico in relazione al luogo ove gli stessi debbono essere smaltiti).
La Delibera del Comitato Interministeriale del 13.12.1984 sembrerebbe consentire l'applicazione della tassa comunale ai rifiuti speciali "assimilabili" agli urbani, però alla implicita ed univoca condizione che tali rifiuti vengono effettivamente smaltiti dal Comune. Nel caso in esame, invece, era stato provato (attraverso la deposizione del teste Paronetto Mario) che non solo i rifiuti speciali in senso oggettivo (cioè derivanti dall'attività industriale svolta), ma anche quelli "assimilabili" ai rifiuti speciali (cioè quelli prodotti nei locali adibiti ad uffici e mensa) erano sempre stati smaltiti direttamente a cura e spese della società anzicitata.
Pertanto veniva meno la pretesa fiscale avanzata dal Comune di Leinì, sia pure in relazione a quella parte dei locali non adibiti all'attività vera e propria industriale svolta dalla società, non avendo il Comune fornito la prova di avere provveduto alla raccolta diretta dei rifiuti speciali "assimilabili".
Avverso la sentenza il Comune di Leinì ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria. La società SEICI ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale.

Diritto

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento agli artt. 2 e 3 d.P.R. n. 915-1982, 269 e 270 R.D. 14.9.1931 n. 1175 e successive modificazioni; delibera CIPE 13.12.1984; omessa o inesatta motivazione, vizi denunciabili in base all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Nella sentenza impugnata la corte d'appello avrebbe affermato che la categoria dei rifiuti speciali comprende anche la sottocategoria dei rifiuti "assimilabili" agli speciali; che "i rifiuti assimilabili agli speciali sarebbero i rifiuti prodotti dagli esercenti attività industriali al di fuori dell'attività svolta (speciali, cioè, sul piano soggettivo ma assimilabili agli urbani sul piano tecnico in relazione al luogo ove debbono essere smaltiti)"; che i rifiuti speciali assimilabili agli urbani sono tassabili a condizione che vengano smaltiti dal Comune.
Sarebbe palese l'errore di interpretazione delle norme di legge in cui è incorsa la corte di merito, istituendo una tipologia di rifiuti non prevista in alcuna disposizione di legge: i rifiuti speciali assimilabili agli speciali, individuandola nella categoria dei rifiuti prodotti dagli esercenti attività industriali al di fuori dell'attività svolta.
I rifiuti prodotti dall'esercente un'attività industriale "al di fuori dell'attività svolta" non potrebbero essere altro che rifiuti urbani.
Pertanto l'area non produttiva dovrebbe essere considerata superficie tassabile, in quanto il Comune difetterebbe di potere impositivo per lo smaltimento dei soli rifiuti speciali (salvo che siano stati dichiarati assimilabili agli urbani).
Quand'anche si volesse affermare che la corte di merito sia incorsa in un "lapsus calami" (e che volesse far riferimento ai rifiuti "speciali" assimilabili agli urbani), avrebbe comunque errato nell'assimilare a tale categoria i rifiuti di mensa ed uffici (aree non produttive), che per definizione propria sarebbero urbani e non speciali.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento agli artt. 2 e 3 D.P.R. n. 915-82, 269 e 270 R.D. 14.9.1931 n. 1175, delibera CIPE 13.12.1984; omessa o carente motivazione su punti decisivi della controversia, vizi denunciabili in base all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
La corte di merito avrebbe omesso di esaminare alcuni punti decisivi della controversia prospettati dalla difesa dell'amministrazione comunale.
Il Comune di Leinì aveva diffusamente sostenuto che: a) l'amministrazione comunale era tenuta per legge a imporre il pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per le parti dello stabilimento industriale SEICI ove non si producono rifiuti speciali; b) era obbligatorio imporre il pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dagli uffici e quelli prodotti dalla mensa anche nell'ipotesi in cui la SEICI non volesse avvalersi del servizio predisposto dal Comune di Leinì; c) i rifiuti della mensa o degli uffici non sono rifiuti speciali "assimilabili"; d) anche se lo smaltimento dei rifiuti speciali avveniva in proprio, la SEICI era tenuta al pagamento della tassa raccolta dei rifiuti urbani.
La corte d'appello aveva ignorato ogni argomentazione ed aveva escluso l'obbligo contributivo della società summenzionata, qualificando erroneamente i rifiuti urbani (prodotti in aree non produttive) come "rifiuti speciali assimilabili" agli speciali e non considerando che le aree non destinate alla produzione, trattandosi di tributo e non di corrispettivo, debbono essere tassate prescindendo dal fatto che l'amministrazione comunale provi di "aver provveduto alla raccolta diretta dei rifiuti speciali assimilabili".
Con l'unico motivo del ricorso incidentale la SEICI denuncia violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.; insufficiente e contraddittoria motivazione.
Erroneamente la corte avrebbe deciso di compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio in ragione della complessità giuridica della vicenda e della scarsa chiarezza del panorama legislativo, quando l'interpretazione prospettata dalla SEICI e condivisa dal giudice d'appello è interpretazione costante e consolidata della giurisprudenza di merito.
Preliminarmente ricorso principale e ricorso incidentale, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ..
Il ricorso è fondato.
L'art. 2 del D.P.R. 19 (NDR: così nel testo) settembre 1982 n. 915 distingue i rifiuti in: urbani, speciali, tossici e nocivi, indicandone le relative caratteristiche.
Con riferimento ai rifiuti speciali dispone in particolare - nella parte che rileva ai fini della presente controversia - che vi rientrano: i residui derivanti da lavorazioni industriali; quelli derivanti da attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi che, per quantità o qualità, non siano dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani.
Da tale disposizione si evince chiaramente che i rifiuti summenzionati, se dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani, non possono più essere considerati agli effetti del D.P.R. n. 915-82 come rifiuti speciali ed assoggettati, quindi, al medesimo trattamento.
Il problema che si pone a questa Corte è di stabilire se i rifiuti dichiarati assimilabili ai rifiuti urbani siano assoggettabili o meno alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni (è evidente che con la espressione "rifiuti speciali assimilabili agli speciali" la corte di merito ha inteso riferirsi ai rifiuti assimilabili agli urbani, di cui sopra, non essendo contemplata dalla legge la categoria dei rifiuti speciali assimilabili agli speciali).
Gli artt. 268, 269 e 270 del testo unico per la finanza locale, approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 (nel testo sostituito dall'art. 21 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915), rispettivamente dispongono che per i servizi relativi allo smaltimento (nelle varie fasi di conferimento, raccolta, cernita, trasporto, trattamento, ammasso, deposito e discarica sul suolo e nel suolo) dei rifiuti solidi urbani interni, i Comuni devono istituire apposita tassa annuale in base a tariffa (art. 268); che la tassa è dovuta da chiunque occupi oppure conduca locali a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui i servizi sono istituti a norma delle disposizioni di legge vigenti in materia (art. 269); che la tassa è commisurata alla superficie dei locali e delle aree serviti ed all'uso cui i medesimi vengono destinati e che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori dei rifiuti stessi ai sensi delle disposizioni vigenti in materia (art. 270).
Da tale complesso di norme si ricavano i seguenti principi:
1) la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni è dovuta per la sola obbiettiva possibilità di usufruire del servizio istituito dal Comune per lo smaltimento di detti rifiuti, a prescindere, quindi, dall'effettiva fruizione da parte del singolo, essendo il presupposto del tributo costituito dal fatto di occupare o condurre locali, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nel territorio comunale in cui i servizi di smaltimento sono istituiti (come si evince dall'art. 269 anzicitato);
2) non sono assoggettabili al tributo i soggetti nei cui locali si producono rifiuti speciali, tossici o nocivi, come si evince dal fatto che per la determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte ove si formano rifiuti classificabili come speciali, tossici o nocivi, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori dei rifiuti stessi (art. 270 sopra citato);
3) ai fini della assoggettabilità alla tassa in questione la legge distingue i rifiuti in due sole categorie: quelli urbani (assoggettabili alla tassa) e quelli speciali, tossici o nocivi (che non sono assoggettabili al tributo dovendo essere smaltiti a spese di chi li produce).
La legge non menziona espressamente i rifiuti dichiarati assimilabili agli urbani; implicitamente però li assoggetta a tributo, non rientrando questi, come su dimostrato, tra i rifiuti speciali e dovendo quindi includersi, nell'ambito della bipartizione summenzionata ai fini dell'assoggettabilità alla tassa in parola, tra i rifiuti urbani.
Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, devesi affermare il principio che i rifiuti dichiarati assimilabili agli urbani vanno assoggettati alla tassa comunale prevista per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni per il solo fatto che i locali in cui si producono sono ubicati nell'ambito del territorio in cui è istituito il servizio a norma delle disposizioni di legge vigenti in materia, senza che rilevi, al fine della inapplicabilità della tassa, che lo smaltimento degli stessi avvenga a spese di chi occupa o conduce i locali in cui si producono.
Questa Corte, peraltro, ha già esaminato in precedenti decisioni la questione, dichiarando assoggettabili alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti anche quelli dichiarati assimilabili agli urbani in forza di un provvedimento dell'amministrazione Comunale (cfr. cass. n. 10853 del 1993; cass. n. 1042 del 1996), orientamento che questo collegio condivide e al quale, per tutte le considerazioni suindicate, ritiene di dover dare continuità.
Il ricorso principale deve essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, avendo erroneamente ritenuto che i rifiuti in questione non potessero essere assoggettati alla tassa summenzionata perché smaltiti direttamente a cura e spese della società resistente. Conseguentemente la causa deve essere rinviata per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità e che per la decisione della causa si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.
L'accoglimento del ricorso principale con la cassazione della sentenza impugnata comporta l'assorbimento del ricorso incidentale.

P.Q.M

La Corte riunisce i ricorsi; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.
Così deciso in Roma il 30 maggio 1997.

LS 14 settembre 1931 n. 1175 art. 269 R.D.
LS 14 settembre 1931 n. 1175 art. 270 R.D.
LS 10 settembre 1982 n. 915 art. 2 D.P.R.
LS 10 settembre 1982 n. 915 art. 3 D.P.R.



>> Note: <<